Il Piemonte rientra a pieno titolo tra le regioni italiane con la maggior tradizione e varietà di salumi. Secondo la zonizzazione geografica proposta da Ballarini (2001) la produzione salumiera piemontese si inserisce nell’area individuata come zona celtica, area che accomuna oltre al Piemonte la Lombardia, il Veneto e Liguria. La produzione è caratterizzata da salumi crudi e cotti accumunati dalla moderata quantità di sale impiegata per la conservazione. Proprio quest’ultimo elemento rappresenta un ulteriore tratto distintivo e di legame con i territorio essendosi l’arte salumiera, compresa quella piemontese, sviluppatasi prevalentemente lungo le cosiddette “vie del sale” lungo le quali viaggiava il prezioso elemento proveniente dalle regioni costiere verso quelle interne.
Il “Salame Piemonte” nasce quindi da una antica e sapiente tradizione e saper fare che si manifesta in tutte le sue caratteristiche grazie al connubio tra arte, carni e caratteristiche pedoclimatiche presenti nel territorio piemontese. Si tratta di un saper fare che si è tramandato soprattutto attraverso la tradizione orale; diversi riferimenti storici risalenti alla fine del Settecento dimostrano come la pratica della produzione del Salame Piemonte si sia sviluppata, in Piemonte, in maniera assolutamente sui generis rispetto a quella di salami prodotti in altri territori italiani.
Tuttavia, è solo alla metà dell’800 che compaiono le prime informazioni scritte: nel 1854, Giovanni Vialardi, capocuoco reale di Casa Savoia, nel suo trattato di Cucina Borghese descrive le modalità di realizzazione del “salame di carne di maiale” con una ricetta simile all’attuale, che prevedeva, già allora, l’aggiunta di “un bicchiere di buon vino di barbera”.
Coincide con questo periodo la fase predominante di passaggio da un’attività familiare ad una artigianale; ne consegue l’aumento della produzione che trova uno sbocco commerciale nelle prime salsamenterie che si aprono nelle città: da sostentamento della famiglia rurale il salame diventa un alimento di “pronto uso” che si affaccia con sempre maggior frequenza sulla tavola delle famiglie.
Il primo riferimento esplicito al Salame Piemonte è documentato nel Listino Quindicinale della Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Torino del 1948, nella sezione “Carni suine fresche, grassi animali, salumi e affini” sotto la voce Salame Crudo, alla tipologia “Piemonte puro suino”.
In realtà il Salame Piemonte è sempre stato considerato uno dei prodotti più nobili presente nelle dispense delle popolazioni rurali (i contadini infatti usavano anche aggettivare questi salami con “i bun” – i buoni – per distinguerli dalle altre preparazioni alimentari meno nobili).
Il Salame Piemonte infatti non mancava mai sulle tavole dei giorni di festa, ma veniva ugualmente consumato dai contadini durante le giornate di lavoro allorquando nei campi veniva trascorsa l’intera giornata e i pasti consumati nelle brevi pause di lavoro erano sempre arricchiti da alcune fette generose di Salame Piemonte.
Il Salame Piemonte in molti casi prendeva addirittura forma di moneta di scambio (alla pari del grano) con cui i mezzadri e contadini in affitto pagavano al padrone i corrispettivi per gli immobili che occupavano o per le terre che coltivavano.
( * ) Con il contributo del Professor Ivo Zoccarato - Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari Università di Torino
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